Vorrei partire da una citazione di Elli Radinger tratta dal libro “La saggezza dei lupi” per una riflessione sulla vera o presunta evoluzione del genere umano.
“I lupi soffrono. Quando un membro del branco muore o scompare lo cercano, sono irritati, un po’ aggressivi, ululano a lungo per lamentarsi. Prima o poi, però, si scuotono, reagiscono e continuano la loro vita. Ne seguono il ritmo naturale, cacciano, mangiano, si riproducono e si occupano del branco. Fanno come tutti gli esseri viventi nella natura: celebrano il qui e ora.
Solo noi uomini sembriamo avere perso questa capacità. Pensiamo continuamente al futuro oppure ci nascondiamo nel passato.
Se solo riuscissimo a vivere di più nel presente!”
L’umanità è convinta di essere in cima alla catena evolutiva, ma non è neanche in cima a quella alimentare.
La piramide alimentare identifica i superpredatori come quei predatori che, in età adulta e nel loro ambiente naturale, non temono nessun’altra specie.
In generale, una specie di superpredatori si trova all’estremità di una lunga catena alimentare in cui gioca un ruolo cruciale nella regolazione degli equilibri dell’ecosistema.
Il lupo, per esempio, si posiziona tra i superpredatori, ma non tanto per il suo essere un forte predatore, quanto per il lavoro di squadra, che è la sua vera arma.
L’uomo, contrariamente a quanto si crede, non è un superpredatore, avendo un livello più simile a quello dei maiali e delle acciughe. La sua forza, se di forza si può parlare, sta nello sviluppo di piani di alimentazioni supportati dalla tecnologia (agricoltura e allevamento intensivi, eccetera), ma sta perdendo il senso del lavoro di squadra, sta perdendo il senso della comunità, della socialità, della solidarietà.
L’UOMO STA PERDENDO LA PARTE ANIMICA, CHE HA IN COMUNE CON GLI ANIMALI.
Con esagerata presunzione, gli uomini credono di essere i soli a provare emozioni e sentimenti e di essere gli unici capaci di ragionamento, ma non è affatto così. Gli animali, oltre che dotati di un ricco e vitale patrimonio istintivo, sono in grado di provare sentimenti, di imparare, di comunicare, di pensare e di creare.
Ciò che dovrebbe distinguere l’uomo è ben altro. Sono la facoltà dell’autocoscienza, il libero arbitrio e la possibilità di evolvere sul piano spirituale, del pensiero filosofico, della creatività (intesa anche come ricerca del bello e dell’armonia).
Se gli uomini vogliono davvero dare un senso alla loro esistenza, dovrebbero recuperare la saggezza del mondo animale, imparando ad accettare le cose che non possono essere cambiate, tornando a gioire dell’esperienza terrena, e poi occuparsi di sviluppare al meglio le potenzialità sociali e le qualità spirituali. Altrimenti si può parlare soltanto di involuzione. E, purtroppo, direi che ne vediamo troppi esempi nel mondo contemporaneo.
Per fortuna, però, ci sono anche molti esseri umani che hanno preso una direzione autenticamente e spiritualmente evolutiva e stanno usando l’attuale crisi mondiale come germoglio di una nuova era.