Nuova Era e Nuovo Ordine Mondiale

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Che sia in atto un cambio epocale è fuori discussione, che sia in lavorazione da decenni un nuovo ordine mondiale anche. Che la gente lo riesca a capire nelle debite proporzione è un po’ meno fuori di discussione.

Tra chi crede a tutto ciò che propina il mainstream (senza farsi domande e senza peraltro capire nulla o quasi) e chi crede di avere capito tutto (e ha smesso di farsi domande e insieme di nutrire speranze), ci sono molte sfumature, ma tutte mi appaiono molto confuse e poco veritiere.

Credere che tutti (nazioni, leader, progetti) siano uguali e che stiano procedendo verso un unico obiettivo è irrealistico, ma lo è anche credere che ci siano buoni e cattivi, demoni e salvatori.

Non c’è un’unica meta mondiale come non c’è una parte che vuole sterminare l’umanità e un’altra che la vuole salvare.

C’è, e questo è vero, uno sviluppo tecnologico (esteso su più fronti) che pone nuovi strumenti nelle mani di chi comanda, e ci sono diverse possibilità di usare questo sviluppo.

C’è, e anche questo è vero, un importante sviluppo socioeconomico in alcune aree del mondo che richiede di prenderne atto e di trovare nuovi assetti internazionali.

Semplificando al massimo, questi due fattori creano un ventaglio di problematiche e di opportunità che stanno mettendo in crisi le vecchie strutture.

Se cambiamo nome alle insegne della propaganda occidentale, come per esempio il “cambiamento climatico”, la “transizione green”, le varie “autonomie energetiche”, eccetera, scopriamo che c’è del vero nella necessità di diversificare le fonti energetiche e il loro approvvigionamento.

Il mondo diviso in un piccolo occidente collettivo, ricco e dispendioso, e un sud esteso, povero e sfruttato, non esiste più. Gli equilibri stanno cambiando rapidamente e impongono nuove strutture organizzative.

Quando tutto il mondo, o quasi, sarà benestante, in crescita, in evoluzione, elettrificato, riscaldato e refrigerato artificialmente, industrializzato e permeato da strutture e reti informatiche avanzate (compresa l’impropriamente chiamata intelligenza artificiale), l’umanità sarà enormemente più energivora e questo impone un ripensamento su larga scala. Il problema è che mentono spudoratamente al posto che raccontarci questa ricerca di nuovi assetti.

Non vado oltre, per non fare un post-rotolone-regina, ma vedo tanta confusione, troppe illusioni, poca verità e pochissime lucide speranze costruttive (di cui ci sarebbe un gran bisogno) e mi piacerebbe che ogni tanto si spegnesse la voce e si accendesse il pensiero. Un pensiero calmo, silenzioso, cosciente, ricettivo. Per vedere al di là delle apparenze e, magari, iniziare a scorgere le connessioni metafisiche di questa straordinaria epoca.

Sì, straordinaria. Davvero più di quanto si possa immaginare.

Ne riparleremo…

Samantha Fumagalli

È necessario un mondo multipolare intelligente

Immagine di pubblico dominio. Mappa derivata da una mappa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Se non diversamente specificato, le mappe dell’ONU sono da considerare di pubblico dominio. Ciò si applica in tutto il mondo.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Galant:
«Dichiaro il blocco totale della Striscia di Gaza. Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto sarà tagliato fuori. Siamo in guerra con dei subumani e agiamo di conseguenza».

A proposito di “subumani”. Si tratta di una questione delicata.
Qualsiasi nazione, anche la più piccola, si considera un “etnocentro”. È al centro, tutti gli altri sono alla periferia. Lui è il “popolo” e tutti gli altri sono solo “parzialmente popolo” perché tutti gli altri sono “sottocentro”. Greci e barbari, noi e “altri” (cioè “stupidi”, ma si può anche dire “non-me”), induisti e intoccabili. E, naturalmente, ebrei e “goyim”. I goyim non sono “del tutto umani” e se si comportano male, non sono affatto “umani”.

Quando noi stessi rientriamo nella categoria dei “subumani” o “sottouomini”, ci sentiamo feriti. Siamo noi che dovremmo essere al centro e non importa chi siamo: qualsiasi nazione è etnocentrica.

L’Occidente ha cercato di allontanarsi da una logica così diretta e piuttosto brutale, seppur non sia andato lontano, sono cambiati solo i criteri dell'”etnocentro occidentale”. Ora l’etnocentro è costituito dai globalisti liberali di sinistra (cole il club di Soros) e tutti gli altri sono “subumani”, cioè “illiberali”. Se sono “illiberali”, devono essere sterminati. La Cancel Cultire è una nuova pratica di vecchi genocidi.Nella guerra israelo-palestinese si sovrappongono diversi etnocentrismi. Gli israeliani sono più arcaici e diretti: non ebrei = goyim = non umani.

L’Occidente è un po’ più complesso: i palestinesi non sono liberali = barbari = subumani.
I palestinesi, ovviamente, sono anche etnocentrici: ebrei = occupanti, artefici del genocidio arabo, stupratori (non musulmani!) = “subumani” (almeno).
Nessuna cultura è riuscita a liberarsi completamente di questo atteggiamento e, quando scoppia un conflitto acuto, l’etnocentro si risveglia contro ogni previsione, incrinando i cliché culturali più superficiali.

L’unica cosa che varia è l’autoriflessione: se si accetta l’etnocentrismo come un dato di fatto, si può lavorare con esso, domarlo o mitigarlo, ma non appena si dichiara e, soprattutto, si crede che l’etnocentrismo sia stato superato, esso esplode immediatamente con rinnovato vigore. È una questione di consapevolezza e di capacità di controllare l’etnocentrismo, non della sua abolizione. Può essere abolito solo insieme all’essere umano. Questo è ciò a cui i transumanisti stanno gradualmente arrivando con lo slogan “solo se non c’è la guerra”. Perché non ci sia la guerra, è necessario distruggere l’umanità, o meglio, è necessaria una “guerra totale”. È abbastanza ovvio che non sto giustificando nessuno, piuttosto sto condannando – specie gli eccessi – attraverso la spiegazione.

I russi, tra l’altro, gestiscono l’etnocentrismo in modo molto sottile. Sì, anche noi ci consideriamo il centro del mondo: la Terza Roma, la Santa Russia, siamo una nazione portatrice di Dio. Sì, abbiamo dei nemici e probabilmente sono posseduti dal diavolo, ma allo stesso tempo il nostro etnocentro è aperto. Siamo abbastanza flessibili e molto poco inclini a disumanizzare il nemico fino in fondo, gli lasciamo sempre qualcosa di umano.

Qualsiasi linearità è soggetta a un’escalation di violenza e all’incapacità di fermarla o almeno di controllarla a un certo punto. Ecco perché l’etnocentrismo russo è non lineare. Un nemico sconfitto, ad esempio, in determinate circostanze può diventare russo.

Aleksandr Dugin