Sistema geocentrico e sistema eliocentrico

Il sistema geocentrico è un modello astronomico che pone la Terra al centro dell’Universo, con gli altri corpi celesti che ruoterebbero attorno a essa.

Ci viene raccontato (e fatto studiare) che questo fosse il modello delle civiltà antiche, ma la realtà è ben diversa.

Ci sono, infatti, documenti che attestano come già nella prima metà del III secolo a.C. Aristarco di Samo avesse elaborato un primo modello del sistema eliocentrico, rifacendosi a precedenti ancora studi dell’età pre-classica e di Ermete Trismegisto.

La stessa astrologia, che anticamente era anche astronomia, è fondata su un sistema eliocentrico fin dagli albori

La teoria eliocentrica fu dunque scartata per circa due millenni, in favore di quella geocentrica, e venne infine riconosciuta dopo il 1600-1700 con molta difficoltà, viste le numerose “polemiche” subite a questo proposito da Niccolò Copernico (1473-1543), Galileo Galilei (1564-1642) e Giovanni Keplero (1571-1630).

Il sistema copernicano, già “vecchio” di quasi duemila anni, richiese un lungo secolo di contrasti, prima che la “nuova fisica” e la religione fossero capaci di accettarlo, grazie anche ai successivi studi di Isaac Newton (1687) e, ancora dopo, nel 1750, di Alexis Clairault.

Fu nel 1757 che la Congregazione dell’Indice ritirò il decreto che vietava tutti i libri che insegnavano il movimento della Terra (anche se il Dialogo di Galileo e un paio di altri libri continuavano a essere esplicitamente inclusi) e soltanto nel 1820 la Congregazione del Sant’Uffizio decretò il permesso di trattare il movimento della Terra come un dato di fatto, rimuovendo ogni ostacolo per i cattolici.

Secondo l’ipotesi di Aristarco di Samo (III sec. a. C.) erano i pianeti a compiere le loro rivoluzioni intorno al Sole (eliocentrismo) e non intorno alla Terra (geocentrismo), modello ripreso anche da Plutarco e Simplicio e citato nel mito della caverna di Plutone, che poneva il Sole al centro, simbolo del Principio in Ermete Trismegisto.

Il modello di Aristarco coincide poi con quello proposto da Copernico 18 secoli dopo.

La scienza moderna ha quindi ripreso un discorso rimasto misteriosamente in sospeso per millenni?

Con quale presunzione ci chiede, oggi, fede cieca?

Con quale presunzione etichetta l’astrologia come stupida superstizione?

La vita come esperienza e ricerca

La vita è una meravigliosa esperienza, che chiede di essere vissuta anche se a volte fa sorgere parecchie domande.
È meravigliosa, perché desta meraviglia, stupore, sorpresa, incanto, entusiasmo, ma fa nascere anche molte altre emozioni che inducono a voler comprendere.
La mia risposta alla vita è vivere e sperimentare con cuore e ragione vigili.
Ovviamente, mi pongo domande e cerco risposte. A volte le trovo, altre volte no. Capita anche che, dopo aver trovato alcune risposte, le metta in dubbio e ricominci a cercare.
Strada facendo, ho scoperto che raramente ci sono risposte assolute e immutabili, perché noi cambiamo, la nostra vita cambia. E cambiano anche le istanze e le risposte di cui abbiamo bisogno.
Amo la ricerca e la intendo come uno strumento di conoscenza, non come uno strumento di competizione, esibizione o potere.
Ho imparato che ciò che apprendiamo lungo il viaggio possiamo condividerlo con gli altri in un arricchimento reciproco, ma non si può e non si dovrebbe imporre la propria visione agli altri. Né si dovrebbe credersi superiore a qualcuno in virtù di una presunta conoscenza.
Perciò, non ho molta fiducia nei detentori di verità assolute, non credo che una persona possa sapere cosa è giusto o sbagliato per un’altra.
Credo, invece, che qualunque idea, credenza o decisione possa (e forse debba) essere sottoposta a periodici esami, e che si debba essere disposti a cambiarla, quando non corrisponde più a ciò che sentiamo e desideriamo.
Per accettare di mettersi in discussione, e non cadere nella tentazione di credersi perfetti, occorrono amore e coraggio. Sentimenti che vanno coltivati.
Amore e coraggio per accettarsi per ciò che si è (simpaticamente imperfetti) e per affrontare la paura di vedere il proprio ego ferito.

Quando mi approccio a una nuova questione, che sia una ricerca, uno studio, un’idea, un’ipotesi, una conoscenza, cerco di farlo con mente aperta e desiderio di imparare.
Mi piace confrontarmi e apprezzo il dialogo, lo scambio di opinioni, il desiderio di crescere insieme e di imparare cose nuove.
Ma, in caso di ricerca, ho difficoltà a relazionarmi con chi è convinto di sapere già tutto oppure sostiene che una certa conoscenza gli è stata impartita dall’Alto. Non c’è dialogo e non può esserci confronto con chi non è disposto a mettere in discussione le proprie credenze e neppure con chi sostiene che le proprie affermazioni sono assolutamente giuste e certe, perché gli sono state rivelate da un Essere Superiore.
Intendiamoci, non metto in discussione che si possa “dialogare con Dio” o con altre entità di dimensioni spirituali. Siamo parte del divino, dell’energia spirituale, e il contatto esiste.
Il fatto è che siamo esseri umani (con caratteristiche, funzioni, capacità, limiti, pregi e difetti) e non radioricevitori sintonizzati infallibilmente sulla parola di Dio e creati apposta per ritrasmetterla inalterata al mondo. Piuttosto, nel momento in cui captiamo un messaggio che ci sembra arrivare da piani di coscienza diversi dal nostro, per onestà con noi stessi e con gli altri, dovremmo assumerci la responsabilità di ciò che pensiamo di aver sentito e capito. Soltanto a quel punto è possibile intavolare un confronto onesto e paritario, e sperare di arrivare a qualche forma di conoscenza.

Anche Galileo Galilei dichiarò: “Nelle mie scoperte scientifiche ho appreso più col concorso della divina grazia che con i telescopi”, ma non ha preteso di essere creduto per questo, ha continuato a verificare l’esattezza delle sue intuizioni.

Quando ho letto e studiato i libri di Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo, mistico e da molti considerato un maestro spirituale, ho trovato stupenda la sua dichiarazione “Ti chiedo di non credere a nulla che non puoi verificare in prima persona”.

Quando mi sono avvicinata agli eccezionali studi di Giuseppe Calligaris, ho avuto la netta impressione che le sue scoperte fossero frutto di qualcosa di più del suo instancabile lavoro. Sicuramente si è dedicato anima e corpo a quelle ricerche, ma ciò che ha realizzato va ben oltre.
Eppure lui non ha mai preteso di essere creduto perché era stato illuminato da qualcuno lassù. Si è prodigato con passione e dedizione e ha invitato i contemporanei a sperimentare e confermare le sue asserzioni.

Ecco, penso che l’approccio del ricercatore onesto (spirituale o meno) sia questo. E coerentemente con questa mia convinzione, non chiedo a nessuno di credere ciecamente e non sono propensa a credere ciecamente.

La Dermoriflessologia si colloca in questa dimensione, noi l’abbiamo sperimentata e chiediamo di fare altrettanto a chi si avvicina a essa.

Buona vita e buona ricerca a tutti.

Samantha Fumagalli

“La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso”.
Albert Einstein

“La scoperta richiede fortuna, inventiva e intelligenza: una sola di queste qualità non è sufficiente, sono tutte e tre necessarie”.
Goethe