C’è un errore nella comune mentalità tecnologica (e non solo lì)Nella mente della maggioranza esiste la credenza che un aumento di tecnologia equivale a un minor bisogno di competenza e conoscenza, “tanto ci pensano le macchine” si crede. E così la maggioranza tende a delegare alle macchine: guida distratta, tanto ci pensa l’automobile; zero attenzione e zero ricerca di informazioni, tanto ci pensa Alexa; visite mediche? macché, meglio indagini strumentali.
Peccato che poi non si sappia leggerli, quegli esami strumentali, né confrontarli con la clinica, oppure non si sappia più cambiare una gomma forata né distinguere i punti cardinali senza uno smartphone (anche la bussola è ormai caduta in disuso, sigh!) e la lista è lunga. Davvero troppo per tentare di fare anche soltanto un elenco minimamente rappresentativo.
Si tende a fare della tecnica un sostituto delle competenze umane, ma è un errore macroscopico, perché è l’esatto contrario. Al crescere della tecnologia, deve corrispondere un maggiore e migliore livello di conoscenza, di utilizzo della stessa e di consapevolezza personale, altrimenti non solo si finisce schiavi della tecnologia, ma si diventa anche più stupidi e incapaci. Miseramente illusi di saper fare di tutto e invece inabili anche nelle cose più semplici e maldestri persino nel valutare il proprio livello di competenza.
Un esempio? Eccolo: una persona su tre pensa di saper fare atterrare un aeroplano!
E non un piccolo aereo privato, nooo… la gente pensa di saper fare atterrare un jet commerciale, un aereo di linea, mentre, se non si conoscono le basi del volo, le possibilità di farcela sono prossime allo zero.
La gente pensa anche di saper rianimare una persona in arresto cardiaco, perché l’ha visto in tv, o di praticare la manovra di Heimlich su qualcuno che sta soffocando, ovviamente per la stessa ragione, e pensa di sapere un sacco di altre cose che invece non sa.
La tecnologia sta facendo crescere a dismisura la già esistente distorsione cognitiva di quegli individui incompetenti che credono di sapere tutto di tutto. Una distorsione cognitiva nota da tempi immemori, che troviamo menzionata già dagli antichi greci, nell’affermazione socratica giunta a noi tramite gli scritti di Platone: “Sicuramente sono più sapiente io di quest’uomo; anche se forse nessuno dei due sa proprio un bel nulla, ma la differenza fra noi è che lui crede di essere sapiente anche se non sa proprio un bel niente, io, almeno, so di non sapere”. Conoscenza ribadita da Shakespeare: “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”.
Oggi, il fenomeno è noto come “effetto Dunning-Kruger”, perché descritto dai socio-psicologi David Dunning e Justin Kruger, che hanno studiato e testato a lungo il “pregiudizio cognitivo” delle persone con scarsa abilità, dimostrando che queste credono nella loro superiorità illusoria e stimano come incompetenti persone estremamente abili. Di contro, gli individui che sono in realtà più esperti di altri, tendono a sottovalutare la propria competenza e a credere che problemi semplici per il loro livello di conoscenza e preparazione siano altrettanto semplici per gli altri.
Queste, le disastrose condizioni di gran parte dell’umanità, che vengono ingigantite dall’uso della tecnologia. Forse conviene prendere in mano una zappa e ricominciare…
Samantha Fumagalli