Estratto dal libro in lavorazione Alchimia, simboli e Dermoriflessologia di Samantha Fumagalli e Flavio Gandini
ESISTONO SIMBOLI BENEFICI E SIMBOLI DANNOSI?
No, nessun simbolo, in quanto segno in sé e per sé, è luminoso o oscuro, sicuro o pericoloso in assoluto. Sono l’interpretazione e l’uso a fare la differenza.
L’esempio della SVASTICA è, in tal senso, rappresentativo.
La CROCE UNCINATA è un simbolo antichissimo che ritroviamo in molte civiltà: nell’Eurasia del Neolitico, dove rappresentava il movimento del sole nel cielo, nell’Induismo, nel Buddismo e nel Giainismo, dove incarna un simbolo sacro, nell’Europa del Nord e dell’Est, dove era un simbolo solare delle divinità Odino e Thor. Ovunque, la svastica (che in sanscrito significa “benessere”, “portafortuna”) era intrisa di concetti benigni, fintanto che i tragici eventi del Novecento non la trasformarono in un emblema terrificante.
Vediamo, dunque, come lo stesso segno possa raffigurare concetti diametralmente opposti ed evocare, di volta in volta, il bene oppure il male.
I SIMBOLI sono creati dagli uomini per evocare concetti astratti o di difficile espressione e vengono caricati di intento, energia, pensieri, emozioni, storia, significato. Alcuni di essi possono diventare estremamente potenti o dimostrarsi idonei a racchiudere l’essenza sostanziale di immagini primordiali e a questi viene dato il nome di ARCHETIPI.
In bilico tra psiche e soma, gli archetipi hanno una struttura istintiva e una spirituale e ciò li avvicina al concetto delle IDEE PLATONICHE, genitrici di ciò che si manifesta. Per questa loro essenza, gli archetipi vivificano il simbolo e aiutano chi vi entra in contatto a compiere il processo di costruzione della propria coscienza.
Uno di questi archetipi è l’ALBERO, che da sempre, e in tutti i continenti, rappresenta un elemento fondamentale nel rapporto tra l’uomo e la natura e tra l’uomo e il divino.
In tutte le civiltà si trovano alberi considerati sacri, come vediamo nelle tradizioni nordiche e in quelle romane e greche, dove la pianta era SIMBOLO e insieme STRUMENTO di interconnessione tra la superficie della terra (associata al mondo degli uomini), il sottosuolo (associato agli inferi) e il cielo (dimora degli dei).
Uno degli alberi a noi più noti è l’ALBERO CABALISTICO o ALBERO DELLA VITA, che pare essere un adattamento ebraico di simboli già presenti nell’antico esoterismo egizio. Questo è un simbolo di conoscenza fortemente carico di significati. Parla di creazione, di angeli, di pianeti, di virtù, dei quattro mondi e dei quattro corpi, dei principi maschile e femminile e della funzione centrale equilibratrice (dove incontriamo un chiaro riferimento al Caduceo di Ermes, di cui abbiamo parlato in un post precedente) e altro ancora.
L’Albero Cabalistico, purtroppo, viene spesso mal compreso e mal usato, seppure forse in buona fede.
Alcuni pensano ingenuamente che sia un simbolo creato da Dio, ma Dio non ha bisogno di un simbolo che gli rammenti la creazione. E per quanto potente sia, questo è un archetipo degli uomini.
Altri vi vedono una gerarchia divina, un ordinamento di gradi angelici e di funzioni, che include la subordinazione delle autorità inferiori a quelle superiori, ma Dio non fa nulla di tutto ciò. Forse questo tema può interessare le divinità minori, ma non certamente il Dio-Creatore-Eterno-Onnipotente-Onnipresente, che trascende tutte le religioni.
Altri ancora lo interpretano come uno strumento di potere, in quanto apportatore di conoscenza e di gerarchie.
Ma finché non si abbandoneranno queste tipologie di approccio, l’Albero Cabalistico resterà mistero e un potenziale pericolo, nonché un elemento di discordia.
Cerchiamo di capire. Il Dio-Creatore-Eterno-Onnipotente-Onnipresente non gioca a dadi con l’Universo e certamente non gioca ai soldatini con gli angeli. Quindi, ogni qualvolta si traduce l’Albero Cabalistico in funzioni gerarchiche più o meno divine, ci si allontana dal significato autentico di CAMMINO INTERIORE DI CONOSCENZA E CREAZIONE, per ricadere in bassi concetti umani di graduatorie. Si staziona allora nel regno del giudizio, dove abitano le divinità degli uomini, quelle che premiano e puniscono.
Chi si accosta in tal modo all’Albero Cabalistico, pensando di incontrare il Dio-Creatore-Eterno-Onnipotente-Onnipresente, vi troverà soltanto PICCOLI DEI e ALTRE ENTITÀ che lanciano fulmini a chi non ubbidisce e regalano onori a chi li compiace.
Usare l’Albero Cabalistico con questo approccio vuol dire entrare in contatto con entità minori, dove il pericolo che si creino falsi idoli, che l’ego si inflazioni e si generi discordia è elevatissimo.
Dio ci ha creati liberi. E ogni volta che gli uomini entrano in un ordine mentale gerarchico, si collocano in una dimensione dove ci sono schiavi e dominatori.
In realtà, non esistono strade sicure e strade pericolose per “raggiungere” il Dio-Creatore-Eterno-Onnipotente-Onnipresente, e questo semplicemente perché non serve nessuna strada per arrivare a Dio. Noi siamo già immersi in questa Forza. Siamo già parti di Dio.
Il fatto è che, in quanto porzioni, siamo limitati e sono proprio questi limiti a far sorgere il desiderio di conoscere il Dio-Creatore-Eterno-Onnipotente-Onnipresente.
Se non è un percorso per “andare da Dio”, a cosa serve l’Albero Cabalistico?
A conoscere se stessi e la creazione che quotidianamente di dispiega davanti ai nostri occhi. Si tratta di conoscere nel senso di farne esperienza sensibile e intellettuale, partendo dalla nostra condizione limitata e duale, dove l’etica del bene e del male è intrinseca al percorso stesso. È un cammino per ricordare e rispettare la libertà che ci è stata donata e il cui scopo ultimo è la piena coscienza spirituale, la CREAZIONE DELL’UOMO-SPIRITO, meta di ogni vero ALCHIMISTA.
Alcuni pensano che, siccome esiste un Albero della Vita e un Albero della Morte, si possa parlare di un percorso della luce (e del bene) e di un altro dell’oscurità (e del male), e che il primo sia esente da ogni pericolo, ma anche questo è un pensiero ingannevole.
La DUALITÀ è presente in tutti gli archetipi, in quanto presente nel genere umano come risultato della POLARITÀ PERCETTIVA, che scaturisce dalla CONOSCENZA, dalla VALUTAZIONE e dal GIUDIZIO.
Come spiegano bene gli ERMETISTI, nella dualità non esistono due elementi distinti, ma due poli della stessa cosa. Non esistono il caldo e il freddo, ma diverse percezioni della temperatura. Non esistono il bene e il male, ma diverse percezioni della giustizia o dell’etica. E noi non potremmo conoscere l’uno senza l’altro.
La dualità si annulla soltanto nella NON CONOSCENZA oppure nel NIRVANA, ovvero in quello stato perfetto di pace e felicità in cui semplicemente si È nel Dio-Creatore-Eterno-Onnipotente-Onnipresente.
Alla prossima! E buona vita!
Samantha e Flavio