Sì, “corrotto” e non “corretto”,
perché in questa volontà di distorcere la comunicazione, la lingua
parlata e quella scritta, non c’è nulla di corretto.
Il politicamente corretto è iniziato,
più di vent’anni fa, con l’azione di sostituire termini come cieco e
sordo con “non vedente” e “non udente”, estendendosi poi a
tutte le persone con forme di handicap, invalidità o menomazione,
che si sono ritrovate per magia “diversamente abili”.
Eppure, la sostanza non cambia: il
cieco resta cieco, il sordo resta sordo e il menomato resta menomato.
Il problema non è nella condizione in
sé, ma nel giudizio che si ha di tale condizione.
Il problema è negli occhi di guarda e
non si modifica in funzione delle parole che si usano.
È evidente che ai “politicamente
corrotti” dà fastidio che ci sia gente cieca, sorda, menomata, con
diverso orientamento sessuale e culturale. E credono di risolvere il
problema cambiando il nome alle cose.
Adesso, galvanizzati da questo gioco al
massacro, i “politicamente corrotti” vogliono cambiare tutto il
nostro vocabolario: “signore e signori” diventa “colleghi”,
“uomo” diventa “umanità”, “Natale” diventa “vacanza”
e, già che ci sono, puntano il dito anche sui nomi con riferimenti
religiosi come “Maria” che diventerà “Malika” o “Giovanni”
che potrà essere sostituito con “Giulio” e via di seguito.
Basta bianco e nero! Basta colori!
Basta usanze e tradizioni!
Di questo passo, l’unico colore
concesso sarà il grigio e la nostra vita diventerà una sfumatura
indistinta di un colore non-colore, per non urtare la sensibilità di
nessuno.
Tutto, agli occhi malati di questi
“politicamente corrotti”, è un’offesa alla sensibilità di
qualcuno. La loro, in primis.
Saranno vietati termini, nomi e
festività. Ogni riferimento tradizionale, culturale, etnico,
sessuale e religioso verrà spazzato via dai “politicamente
corrotti” del nuovo ordine mondiale, in nome di una falsa cultura
inclusiva, che vuole azzerare le differenze, omologando tutto e tutti
con un nuovo lessico di facciata.
Eppure, lo sappiamo bene, la
discriminazione non è nelle parole.
La discriminazione e l’odio sono negli
occhi, nel cuore e nei pensieri di chi guarda il mondo.
E non basta cambiare le parole per
cambiare gli occhi, i cuori e i pensieri della gente.
Le differenze non sono un problema. Non
lo sono mai state.
Al contrario, sono la ricchezza del
nostro pianeta e della nostra umanità.
Differenze di paesaggio, di fauna e
flora, di etnie, di culture, di stili di vita.
Differenze di umanità che si
trasferiscono nell’arte, nell’architettura, nella cucina, nei ritmi
di vita.
Differenze che, da sempre, sono il
motore che ci spinge a viaggiare per fare esperienza diretta di altri
luoghi, altre usanze, altre tradizioni.
Differenze che ci inducono a parlare
con altri essere umani per conoscere la loro cultura e la loro
spiritualità e arricchirci vicendevolmente.
Differenze che verranno azzerate da
un’élite di “politicamente corrotti” che vogliono ridurre il
nostro mondo colorato a un triste sistema binario di tipo
informatico.
Mentre scrivo queste parole, mi torna
alla memoria la semplice bellezza di mia nonna, che sapeva accostarsi
a chiunque con grazia.
Lei, curiosa per natura.
Lei, che ha frequentato donne e uomini
di ogni estrazione sociale, gay, lesbiche, testimoni di Geova,
buddisti, egiziani, marocchini e chi più ne ha più ne metta.
Lei, che ha sempre chiesto, per
conoscere e confrontarsi.
Lei, che non ha mai giudicato.
Lei, che, con la sola quinta
elementare, ha avuto sia il sentimento sia l’intelligenza per
accostarsi a tutte le differenze e rispettarle.
Lei, che ha saputo amare e farsi amare.
E mentre la ricordo con infinito amore,
penso che ne servirebbero tanti, tantissimi, di esseri umani così,
per aprire gli occhi, i cuori e i pensieri di queste élites cieche,
ciniche, insensibili e ottuse.
Mi rincuora il pensiero che la Natura se la ride delle difficoltà di integrazione, e so per certo che la Natura ha sempre la meglio.
Samantha Fumagalli