La medicina dovrebbe essere l’arte di curare prima ancora di essere la “scienza che ha per oggetto lo studio delle malattie, la loro cura e la loro prevenzione”. Ecco perché, secondo nostro punto di vista e dal punto di vista della Dermoriflessologia, l’arte medica parte innanzitutto da noi, dal prendersi cura di sé in modo consapevole, attraverso stili e scelte di vita coerenti con il proprio sentire, pensare, essere, volere.
In quest’ottica, è addirittura
semplicistico parlare di stili di vita sani. Perché anche il
concetto di cos’è o meno salutare è soggettivo, se messo in
relazione alla totalità psicofisica individuale.
La campagna, per esempio, può essere
considerata una scelta di vita più sana rispetto al vivere in una
grande città, notoriamente più inquinata; ma se una persona
desidera gli stimoli della metropoli, i teatri, i musei, i salotti
culturali, la varietà di lavoro, i corsi, i servizi, eccetera,
quanto gli costerà rinunciare a tutto ciò per respirare aria pura e
stare a contatto con la natura?
Tutto nella vita ha costi e benefici. Ogni scelta ne esclude un’altra. E la proporzione tra pro e contro è squisitamente soggettiva.
Per questo motivo, l’imperativo più
importante è conoscere se stessi e operare scelte consapevoli e
coerenti. Soltanto così potremo essere soddisfatti e consci che i
benefici delle nostre scelte sono per noi superiori agli inevitabili
costi. E soltanto così potremo assumerci la responsabilità delle
nostre scelte e della decisione di cambiarle, qualora non ci
andassero più bene.
Questo discorso si estende anche alla
medicina. Al come, quando e perché prendersi cura di sé, e ciò
include anche la scelta di assumere farmaci, sottoporsi a indagini,
cure e trattamenti.
Certo, la medicina, in quanto scienza,
studia le malattie, la loro cura e prevenzione, avvalendosi della
casistica e della statistica, ma non si può pensare di imporre
indagini preventive, diagnosi, prognosi e cure, utilizzando soltanto
la statistica, perché questo andrebbe a ledere il sacrosanto diritto
dell’uomo di essere umano, di avere una coscienza, uno spirito e una
volontà.
Quando si valuta una malattia, una cura
o un farmaco, oltre alla casistica e alla statistica medica e
farmacologica, bisogna valutare caso per caso, tenendo conto dello
stato di salute del singolo, dei suoi stili di vita e di tutta una
serie di fattori umani personali.
Diversamente, ovvero con la sola
statistica, si finisce per curare tutti allo stesso modo e spesso
scegliendo il meno peggio piuttosto che il meglio. Ma il meno peggio
non è necessariamente buono. È soltanto meno peggio.
A questo proposito, mi viene da pensare
alla politica, che da decenni ci offre uno spettacolo penoso proprio
su queste basi. Quante volte i politici, accusati di qualche
malefatta, si sono giustificati dicendo che “così fan tutti”? E
persino ritenendosi migliori, perché la parte opposta aveva fatto
peggio? E quante volte ho sentito la gente affermare di andare a
votare il meno peggio, tappandosi il naso? Questa non è buona
politica.
Sicuramente una buona medicina, fatta
“su misura”, è difficile, faticosa, impegnativa.
Come una buona politica.
Come una buona vita.
Forse è addirittura un sogno,
un’utopia. Ma se smettiamo di mirare in alto, di guardare al meglio,
di perseguire nobili ideali, che cosa ci resta?
Ci resta soltanto un progressivo e
inarrestabile degrado umano.
Samantha Fumagalli
“Un uomo senza sogni, senza utopie, senza ideali, sarebbe un mostruoso animale, un cinghiale laureato in matematica pura.”
Fabrizio De André