Ciò che siamo

Ci sono due forze nella vita che ci rendono ciò che siamo: una è costituita da quello che la vita ci dona, l’altra da ciò che ne facciamo.

La vita ci dona un corpo, una famiglia, un luogo dove nascere, e situazioni, eventi, persone che incontriamo lungo il nostro cammino e molte altro… Tutte cose che possiamo ritenere soggettivamente gradevoli o sgradevoli, facili o difficili, ma che dobbiamo in qualche misura accettare.

E poi c’è l’altra forza: quello che decidiamo di fare con questi doni.

Possiamo farci forgiare dal fuoco, oppure lasciarci bruciare.

Possiamo farci abbattere dalle difficoltà, oppure usarle per imparare a volare.

Possiamo farci impigrire dalle comodità, oppure sfruttarle come trampolini di lancio.

QUELLO CHE SCEGLIAMO DI FARE CON I DONI DELLA VITA CI RENDE CIÒ CHE SIAMO!

Arte medica, coscienza e ideali

La medicina dovrebbe essere l’arte di curare prima ancora di essere la “scienza che ha per oggetto lo studio delle malattie, la loro cura e la loro prevenzione”. Ecco perché, secondo nostro punto di vista e dal punto di vista della Dermoriflessologia, l’arte medica parte innanzitutto da noi, dal prendersi cura di sé in modo consapevole, attraverso stili e scelte di vita coerenti con il proprio sentire, pensare, essere, volere.

In quest’ottica, è addirittura semplicistico parlare di stili di vita sani. Perché anche il concetto di cos’è o meno salutare è soggettivo, se messo in relazione alla totalità psicofisica individuale.

La campagna, per esempio, può essere considerata una scelta di vita più sana rispetto al vivere in una grande città, notoriamente più inquinata; ma se una persona desidera gli stimoli della metropoli, i teatri, i musei, i salotti culturali, la varietà di lavoro, i corsi, i servizi, eccetera, quanto gli costerà rinunciare a tutto ciò per respirare aria pura e stare a contatto con la natura?

Tutto nella vita ha costi e benefici. Ogni scelta ne esclude un’altra. E la proporzione tra pro e contro è squisitamente soggettiva.

Per questo motivo, l’imperativo più importante è conoscere se stessi e operare scelte consapevoli e coerenti. Soltanto così potremo essere soddisfatti e consci che i benefici delle nostre scelte sono per noi superiori agli inevitabili costi. E soltanto così potremo assumerci la responsabilità delle nostre scelte e della decisione di cambiarle, qualora non ci andassero più bene.

Questo discorso si estende anche alla medicina. Al come, quando e perché prendersi cura di sé, e ciò include anche la scelta di assumere farmaci, sottoporsi a indagini, cure e trattamenti.

Certo, la medicina, in quanto scienza, studia le malattie, la loro cura e prevenzione, avvalendosi della casistica e della statistica, ma non si può pensare di imporre indagini preventive, diagnosi, prognosi e cure, utilizzando soltanto la statistica, perché questo andrebbe a ledere il sacrosanto diritto dell’uomo di essere umano, di avere una coscienza, uno spirito e una volontà.

Quando si valuta una malattia, una cura o un farmaco, oltre alla casistica e alla statistica medica e farmacologica, bisogna valutare caso per caso, tenendo conto dello stato di salute del singolo, dei suoi stili di vita e di tutta una serie di fattori umani personali.

Diversamente, ovvero con la sola statistica, si finisce per curare tutti allo stesso modo e spesso scegliendo il meno peggio piuttosto che il meglio. Ma il meno peggio non è necessariamente buono. È soltanto meno peggio.

A questo proposito, mi viene da pensare alla politica, che da decenni ci offre uno spettacolo penoso proprio su queste basi. Quante volte i politici, accusati di qualche malefatta, si sono giustificati dicendo che “così fan tutti”? E persino ritenendosi migliori, perché la parte opposta aveva fatto peggio? E quante volte ho sentito la gente affermare di andare a votare il meno peggio, tappandosi il naso? Questa non è buona politica.

Sicuramente una buona medicina, fatta “su misura”, è difficile, faticosa, impegnativa.

Come una buona politica.

Come una buona vita.

Forse è addirittura un sogno, un’utopia. Ma se smettiamo di mirare in alto, di guardare al meglio, di perseguire nobili ideali, che cosa ci resta?

Ci resta soltanto un progressivo e inarrestabile degrado umano.

Samantha Fumagalli

“Un uomo senza sogni, senza utopie, senza ideali, sarebbe un mostruoso animale, un cinghiale laureato in matematica pura.”
Fabrizio De André

E il mondo chi l’ha fatto?

“E il mondo nel suo insieme chi lo ha fatto?

Era sorta spontanea questa domanda proprio perché ci si chiede sempre che cosa fai, chi ha fatto questo vestitino, quella camicia, chi ha preparato questa buona zuppa di pesce? Chi ha fatto un’auto e chi ha creato il mondo che l’insieme di tutte queste cose?

L’uomo talvolta capisce il funzionamento delle cose, come una medusa respira e come un gabbiano si relaziona con i propri figli, e per questo viene riconosciuto come un grande scienziato, spesso premiato con alti onori, ma si dimentica che queste cose ci sono da sempre e lui ha solo capito qualcosa su come funzionano. Più importante sarebbe capire chi le ha fatte e chiedere poi a lui e domandargli qualcosa per capire meglio anche l’uomo.

L’uomo non sa rispondere, un premio Nobel diventerebbe rosso se glielo si chiedesse e direbbe: «non lo so».

E allora come si può credere a uno che ha spiegato tanto ma non sa spiegare da dove gli provenga?

Se è furbo dirà che il mondo non l’ho fatto nessuno, che è da sempre, ma allora come può esistere qualcosa di non fatto mentre tutto si fa?

Se è da sempre perché mai esiste la fine?

Katherine se lo chiese una sera, al tramonto, mentre era seduta nel solito posto, e guardava il tramonto all’orizzonte.

Faceva girare questa parola nella sua testa, dentro il silenzio della baia di Badnaban.

La fine, la fine, una cosa che inizia e muore. Una bambina che nasce, diventa grande e poi vecchie finisce. Una medusa che giunge sulla sabbia della spiaggia, si trasforma in una semisfera e finisce, un fiore per dei petali, il profumo che aveva disperso intorno a sé non si sente più.

Perché finisce?

«Niente propriamente finisce, si trasforma in qualche cosa che si fa invisibile, ma l’invisibile non è un nulla, bensì una manifestazione diversa dell’essere da sempre per sempre».”

Tratto dal libro Il silenzio delle pietre di Vittorino Andreoli

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Medicina per tutti non significa medicina di gregge

Permettere a tutte le persone di accedere alle cure migliori è una scelta di giustizia ed equità e un’azione socialmente lodevole. Imporre cure, farmaci e vaccini a tutti e indiscriminatamente è tutt’altra cosa.

Ogni persona è un caso a sé e va valutato singolarmente tenendo conto di rischi e benefici.
Per ogni cura, farmaco o vaccino, vanno valutati tutta una serie di fattori: le condizioni di salute dell’individuo, il suo stile di vita, eventuali cure già in atto, i principi, i valori, le scelte personali, eccetera. Soltanto così la medicina può essere una buona medicina.
Questo per chiarire che determinati farmaci, vaccini, interventi, così come qualsiasi tipo di cura, non si possono considerare universalmente validi sempre e per tutti, e quindi non è giusto imporli a tutti.
La somministrazione di gregge è una pratica usata in veterinaria negli allevamenti intensivi (contro natura) e ha già dimostrato di essere fallimentare, aumentando la resistenza dei soggetti e la formazione di batteri sempre più forti e resistenti.

Se non si cambia approccio, la scienza è destinata a fare sempre più danni.

In medio stat virtus.

Samantha e Flavio

Auguri a tutte le donne!

Questo albero di mimosa è un omaggio a tutte le donne.
Oggi e sempre.
Perché una DONNA è DONNA SEMPRE e non soltanto un giorno all’anno…
E visto che non amiamo i fiori recisi, il nostro omaggio è una pianta in piena fioritura.
Il nostro modo per augurare che lo spirito femminile fiorisca sempre, forte e rigoglioso, portatore di purezza, bellezza e amore vero.
La mimosa, con le sue palline dorate, per gli indiani d’America è simbolo di forza, energia e femminilità. Ma la mimosa rappresenta anche la purezza, l’eternità dell’anima e, come raffigurazione dell’oro e del sole, richiama la vita che trionfa e la vittoria sulle forze del male.

La nostra creatività è il limite del sistema

Come prepararsi al collasso del capitalismo

8 CONSIGLI DI BILL MOLLISON, co-creatore della Permacultura

1. Impara a piantare, non solo un orto, ma anche colture di base (mais, yucca, ecc. ) e alberi (da frutto, nativi, legnosi);

2. Crea un legame con qualche terra, sia la tua o quella di un parente, un progetto, un giardino comunitario, ecc. Partecipa con le persone che vivono lì, vai a poco a poco alla ricerca di modi per trascorrere più tempo in campagna che in città, imparando a piantare, costruire, trattare i rifiuti organici e guarire nella natura;

3. Sviluppa abilità pratiche (cucina, falegnameria, riparazione di macchine, lavorazione alimentare, cucito, ecc.) e insegna queste abilità a bambini e amici, vicini;

4. Cerca un gruppo di sostegno reciproco, dove le persone si occupino l’uno dell’altro, facciano prodotti di necessità di base collettivamente, come prodotti igiene naturale, rimedi naturali, lavorazioni alimentari come alimenti conservati e fermentati;

5. Semplifica la tua vita ora, liberando spazio e tempo. Scopri tutto quello che puoi fare senza soldi: camminare, fare esercizi, artigianato, arti del corpo, socializzare, giardinaggio;

6. Separati dalla logica di consumare sempre di più.

Scegli prodotti che durano a lungo, di qualità, fatti da piccoli produttori, imprese sociali e imprese economiche solidali. Fai scambi, dai e ricevi regali per valore affettivo, anziché valore finanziario;

7. Scambia, immagazzina, moltiplica e diffondi semi creoli (nativi, non geneticamente modificati, prodotti dall’agricoltura popolare e familiare);

8. Riconosci che la vita sarà molto migliore dopo!

Siamo solo in transizione.

Le malattie della società

“Gli unici ospedali che si trovano sul pianeta riguardano la specie umana, e ciò è generalmente portato come un esempio dell’intelligenza e delle conquiste scientifiche dell’uomo, capace di intervenire in situazioni che altrimenti porterebbero alla morte. Ma gli uomini non sanno che le malattie si legano proprio a una società che degenera.”

dal libro di Vittorino Andreoli Il silenzio delle pietre

Ottenere risultati senza sforzo

A tutti piacerebbe la cosiddetta vita facile, ma cosa succederebbe davvero se potessimo risparmiarci tutte le difficoltà che si pongono lungo il nostro cammino? Proviamo a pensarci con l’aiuto di una piccola storia.

C’era una volta un contadino che, dopo una giornata di duro lavoro, si riposava sotto l’ombra di un grande albero e, mentre si godeva la frescura e il meritato riposo, notò una crisalide che si stava schiudendo. Attraverso il buco, vide la piccola farfalla che si dimenava con tutte le sue forze per uscire. Faceva molta fatica e, dopo aver osservato a lungo gli sforzi eroici della farfalla, il contadino decise di aiutarla. Con un coltellino allargò delicatamente il buco della crisalide e la farfalla poté uscire senza sforzo.

A questo punto accadde qualcosa di strano: la piccola farfalla, aiutata a uscire dal bozzolo, non aveva sviluppato muscoli abbastanza forti per potersi librare in aria e, nonostante i ripetuti tentativi, rimase a terra, incapace di fare ciò per cui la natura l’aveva fatta nascere.

Quel giorno, il contadino imparò una lezione che non dimenticò per il resto della sua vita: attraverso le difficoltà la natura ci rende più forti e degni di realizzare ciò per cui siamo nati.