Se sei nel giusto, combatti e vinci.
Ma non infierire sul tuo nemico.
Autore: wp_2681616
La fretta e la tifoseria
Premetto che la mia è soltanto una riflessione rivolta a chi continua a farsi domande e vuole difendere la propria libertà di pensiero nel vortice di mille illusioni. Ho smesso da tempo di rivolgermi a chi sa già tutto o ha abdicato al diritto di sovranità sul proprio pensiero. A costoro lascio le loro certezze e vado oltre…
La riflessione attiene alla fretta di giungere a conclusioni spesso approssimative e alla tifoseria di campo. Fattori non certo nuovi, ma che sono in preoccupante aumento.
Negli ultimi anni abbiamo visto esacerbarsi i conflitti sociali, di solito su basi ideologiche e non realistiche, e abbiamo osservato come la politica e l’informazione mirino proprio al risultato di creare divisione, rabbia, contrasto e pilotare la gente verso un pensiero unico. Prima su questioni di salute, poi su tematiche ecologiche e più recentemente sulle guerre. E ogni volta abbiamo assistito alla censura del pensiero critico e del confronto, all’applicazione di etichette e all’incitazione al conflitto e alla discriminazione.
Insomma, chi pensa con la propria testa e non si conforma al pensiero unico, non è ben visto e diventa automaticamente un no-qualcosa, un pro-qualcos’altro, un -ista o un anti-ista, ovviamente della peggior specie.
Il giochetto prosegue e oggi si ripresenta con il conflitto Istraele-Gaza: ancora una volta i media prendono immediatamente posizione, a discapito della vera informazione, e lo stesso sembra fare una parte dei contro-informatori.
Ora, due parole di riflessione mi sembrano doverose.
In primis, un’informazione corretta, che miri alla libertà di pensiero dell’individuo, dovrebbe raccontare i fatti con la maggior imparzialità possibile.
Secondariamente, se si vuole fare un approfondimento per migliorare la comprensione, si possono analizzare i dati, la storia passata, le ragioni, eccetera, sempre con doverosa prudenza e con la disposizione mentale a valutare nuovi sviluppi che potrebbero cambiare le carte in tavola o modificare l’interpretazione.
Bene, questo tipo di informazione è assente nei media mainstream e chi vuole difendere la propria libertà di pensiero deve, per forza di cose, cercare altre fonti e fare approfondimenti in prima persona. La cosa preoccupante, ora, è che anche la contro-informazione (o almeno una parte di essa) sta finendo con il fare la stessa cosa, ma sul fronte opposto: appena esce una notizia la diffonde con interpretazioni antitetiche, spesso affrettate, cospirative e dal carattere clamoroso. Si rischia, così, di trasformare l’informazione alternativa in disinformazione con conseguenze pessime sulla libertà di pensiero (che si vorrebbe difendere), sulla capacità di giudizio e sulla tenuta stessa della salute mentale. Per non parlare del fatto che si incrementa una divisione sociale delirante.
Lasciamo da parte i figli dei media mainstream che, se ci credono ancora, sono ormai irrecuperabili, e focalizziamoci sui fruitori dell’informazione alternativa. Qui notiamo due o più schieramenti che si accusano, talvolta aggredendosi, per dimostrare le rispettive tesi.
Risultato? Il fronte del dissenso risulta frantumato.
A chi giova? Non certo al fronte del dissenso.
C’è da chiedersi se sia promosso dall’alto o se queste persone siano bravissime a sabotarsi da sole. In mancanza di certezze, temo che siano valide entrambe le ipotesi.
Nel mio piccolo, suggerisco: prudenza, sangue freddo, osservazione della realtà (compreso saper riconoscere quando i dati sono troppo scarni per trarre conclusioni), esercizio della facoltà di sospendere il giudizio, discernimento, ragione e buon senso.
Quanto alla tifoseria, mi sembra quantomai sterile. Se la trovo ridicola nello sport, qui direi che è decisamente inutile. Più interessante è invece valutare quale interpretazione e quali linee di azione ci sembrano più affini al nostro pensiero, alla nostra visione del mondo, alla nostra etica, alle nostre speranze. Con l’attenzione a non cadere nella presunzione di giudicare dall’alto chi la pensa diversamente e non pretendere che il nostro punto di vista sia necessariamente giusto e quindi condiviso dagli altri.
Prima di concludere, aggiungo una considerazione di carattere astrologico.
Allenare la sana logica, il buon senso, la ragione e le facoltà intellettive per dominare il caos, per comprendere il metafisico o per ordinare i dati, sono tutte necessità imposte dalla presenza di Saturno in Pesci, pena finire vittime di abbagli, illusioni e paure della peggior specie.
Entrato nel segno dei Pesci a marzo 2023, Saturno vi soggiorna fino all’inizio di febbraio 2026 e il suo insegnamento è proprio quello di portare ordine e giustizia nel disordine e nella confusione.
I Pesci sono simbolo della consapevolezza, del vitale e misterioso oceano nel quale siamo tutti immersi, del misticismo, del mondo interiore, dell’immaginazione, dell’ispirazione, e tra i suoi archetipi troviamo i sognatori, i mistici e i poeti.
Saturno è il pianeta del rigore, della privazione, delle prove della vita, dell’azione implacabile del karma, della logica, delle facoltà superiori dell’intelletto, della ragione.
Ora, cavalcato con maestria, questo Saturno ci insegna a rinunciare alle illusioni, alle ispirazioni fasulle, ai sogni irrealizzabili. Ci invita a investigare il mondo con buon senso, logica e ragione. Ci sprona ad affacciarci sul caos e mettervi ordine. Ci spinge a portare verità e rigore nella dimensione interiore, nel senso mistico, nel trascendentale.
Chi accoglie il suo suggerimento, vedrà il caos dipanarsi pian piano. Chi lo rifiuta, al contrario, subirà la sua azione inesorabile (perché Saturno non si fermerà soltanto perché qualcuno mette la testa sotto la sabbia) e vedrà scatenarsi dentro di sé le peggiori distorsioni della realtà. L’ombra di questo Saturno, infatti, porta fanatismo, irrigidimento, chimere, errori, sensazione di impotenza, paura di dover subire l’esercizio di un potere ingiusto, smarrimento, sofferenza.
Ma c’è di più, perché l’ombra di Saturno si protende anche su chi detiene il potere e può indurre alcuni rappresentanti delle élite a esercitare forme di repressione molto dure o violente allo scopo di imporre norme e di impedire la proliferazione di idee diverse e controcorrente.
Il non assumersi la responsabilità individuale di questo transito, espone il fianco a subire proprio queste forme di repressione e di distorsione della realtà, che portano a frantumare il fronte del dissenso e la sua forza positiva e propositiva.
La panoramica di Saturno in Pesci è molto più vasta, ma in questo contesto mi sembrava opportuno concentrarmi sull’aspetto che riguarda tutti coloro che vogliono conservarsi liberi, capaci di pensiero autonomo e autodeterminazione.
Samantha Fumagalli
La metafisica della guerra dell’informazione
di Aleksandr Dugin
La guerra globale dell’informazione è ormai in pieno svolgimento. Diverse versioni della realtà si scontrano sempre più apertamente tra loro. Le società e gli individui scelgono da soli in quale realtà credere e poi vivono in essa.
Se consideriamo la “vecchia maniera” nello spirito del materialismo classico, la realtà è una sola, differiscono solo le sue descrizioni e interpretazioni. Ecco perché presumono che alcune persone mentano e altre dicano la verità, i ruoli possono cambiare. L’intera questione è a chi crediamo in tali o tali circostanze.
Non è però così la realtà stessa – come sanno sia fenomenologi che strutturalisti – è un prodotto della coscienza umana. Non c’è realtà al di fuori di esso, e gli elementi residui puramente esterni non sono più carichi di essere o di significato. Pertanto, nella guerra dell’informazione, non sono solo le interpretazioni a scontrarsi, ma i fatti stessi.
Esiste più di una realtà, con tante strutture di coscienza (collettiva, ovviamente) quante sono le realtà. Non solo valutazioni dei fatti, ma i fatti stessi. I materialisti e le persone lontane dalla filosofia non sono pronti ad accettarlo, la loro fede in una realtà indipendente dalla coscienza è incrollabile, e fintanto che sarà così, saranno loro le vittime della guerra dell’informazione, non coloro che ne sono i padroni.
La coscienza crea la realtà.
Nel mondo globalista unipolare, solo una coscienza è riconosciuta per impostazione predefinita: liberale e occidentale. È questa coscienza che costruisce la realtà: non solo cosa è buono e cosa è male, ma cosa è e cosa non è. La multipolarità è un atto di affermazione della sovranità di altre coscienze, diverse da quella occidentale. Ciò significa che la realtà stessa diventa policentrica. L’informazione costituisce ciò che percepiamo come essere. Ecco perché al centro della guerra dell’informazione non dovrebbero essere né i militari né i giornalisti, ma prima di tutto i filosofi. La sovranità è innanzitutto una questione di mente. Sovrano è colui che è il maestro indipendente e finale della costruzione della realtà.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini
Le civiltà muoiono di suicidio, non di assassinio
Quattro frasi di Arnold Toynbee (storico, 1889-1975) per capire che stiamo vivendo l’apocalisse della cosiddetta “civiltà occidentale”.
“Le civiltà muoiono di suicidio, non di assassinio.”
“La civiltà è un movimento, non una condizione; un viaggio, e non un porto.”
“Dare buone opportunità alla creatività potenziale è una faccenda di vita o di morte per qualsiasi società.”
“La storia ci insegna che quando una razza barbarica si confronta con una cultura dormiente, i barbari vincono sempre.”
Ora, è chiaro che la civiltà occidentale si sta suicidando per meno delle sue élite e con la tacita condiscendenza della sua gente, che dorme e non vuole svegliarsi, non vuole vedere, capire, ritrovare le sue tradizioni ed evolvere.
Le élite occidentali stanno cercando di salvare i propri interessi a danno dei cittadini, che vengono impoveriti, terrorizzati e ingannati strategicamente. Queste élite si sono arroccate sulla vetta di un pensiero morto, che è la loro idea di totalitarismo. Non c’entra neanche più la globalizzazione, che peraltro è un fenomeno irreversibile, si tratta di una vera e propria dittatura totalitarista.
Chi dice che l’Occidente è sotto attacco da parte di altri Stati, altre culture, altre tradizioni e civiltà, mente. Probabilmente sapendo di mentire, anche se non si può escludere la “buona fede” fanatica e deviata. L’Occidente è stretto nella morsa di se stesso. Concepisce la propria civiltà come statica, e quindi incapace di vera evoluzione, e vede in un progresso disumano (iper-digitalizzazione, intelligenza artificiale, controllo, ingerenza delle élite nella vita dei cittadini, eccetera) il proprio futuro. Ha chiuso le porte alla libertà di pensiero e di azione, alla creatività e all’iniziativa individuale, all’esistenza di una dimensione spirituale dell’uomo, alla crescita stessa della propria società e civiltà.
Una condizione del genere è destinata alla morte e, come diceva Toynbee, non per assassinio ma per suicidio.
Stanno emergendo nel mondo nuove forze, più vitali e vincenti perché sveglie e desiderose di svilupparsi. Sta a noi decidere se integrarci e portare il nostro contributo di esperienza, tradizione e conoscenza, oppure se farci spazzare via o lasciare al buon cuore e alla saggezza di queste nuove forze il compito di salvare la nostra civiltà.
Indignarsi
Ha davvero senso indignarsi davanti a una rappresentazione teatrale?
Il teatro è finzione, si mette in scena una storia, un’interpretazione. L’opera può essere una tragedia o una commedia, ma mai si pretende che sia vera, imparziale, oggettiva.
Perché parlo di teatro e di indignazione? Sono forse impazzita?
No, almeno non credo.
Ne parlo perché tutto quello che stiamo vivendo e vedendo negli ultimi anni sta spalancando gli occhi di chi credeva in una realtà illusoria.
Si vive in un mondo creato da chi detiene il potere sugli altri.
Ci si muove sulla piattaforma di un gioco deciso da pochi. Da un élite che ha venduto una rappresentazione teatrale come fosse la realtà, che ha disegnato credenze false, accettate dai più come vere.
Qualche esempio?
L’idea dello Stato come ente territoriale sovrano.
L’idea di Repubblica come cosa pubblica.
L’idea di Diritti umani inalienabili.
L’idea di un sistema di informazione che informi la gente.
L’idea di vari Premi (Nobel, letterari, eccetera) assegnati per merito e in modo imparziale.
Il mito del self-made man come sogno liberale.
L’idea di una Legge uguale per tutti.
Mi fermo, ma potrei riempire un rotolo maxi di carta igienica…
Sono tutte idee create per far credere alla rappresentazione in atto e avere attori e comparse disposti a recitare inconsapevolmente un copione scelto da altri.
La farsa sta dimostrando il suo vero volto ogni giorno che passa e non c’è bisogno che io faccia una carrellata per dire dove e quando e come. Chi ha occhi per vedere, ha già visto.
Un’ultima dimostrazione, che il re è nudo, ci arriva dall’ennesimo atto discriminatorio nel confronti di Adania Shibli, scrittrice palestinese, che vive tra Cisgiordania e Inghilterra.
Pluripremiata e acclamata dalla critica, finché il suo nome faceva gioco a certi interessi politici, si vede ora negare il premio LiBeraturpreis 2023 alla Fiera del Libro di Francoforte per il suo libro “Un dettaglio minore”. Motivo? Ovviamente le sue origini palestinesi e la guerra in Israele (il romanzo racconta di una ragazza palestinese catturata dai soldati israeliani durante l’estate del 1949).
Dopo gli autori russi, ecco il turno di quelli palestinesi.
Cosa deve succedere ancora per capire che hanno sempre venduto illusioni?
Non ci si illuda, ancora una volta, che il nuovo scenario e il nuovo copione saranno diversi.
Adesso è in corso una guerra mondiale per decidere quali saranno i nuovi autori e registi, ma sempre di teatro si tratterà.
In questi pochi anni di Apocalisse, i veli cadono e chi vuole può vedere, ma alla fine, siatene certi, verrà allestito un nuovo palcoscenico e per chi ha perso l’occasione di vedere non ci sarà una nuova chance.
Indignarsi a teatro ha dunque senso?
Samantha Fumagalli
Terremoti e Astrologia
Il 5 ottobre 2023 ho scritto un post sulla prevedibilità dei terremoti attraverso l’astrologia.
Tra le varie valutazioni, avevo scritto:
“Il 10 ottobre 2023, per fare un altro esempio che potremo verificare a breve, Marte in Bilancia e Saturno in Pesci saranno in antiscia tra loro. Inoltre, Marte sarà in quadratura a Plutone e la Luna in opposizione a Saturno. L’indicazione è però estesa all’intera Terra e non a regioni specifiche.”
A conferma del fatto che la zona geografica è difficilmente identificabile, ma il verificarsi del terremoto è più probabile, riporto i dati del 10 ottobre 2023:
– Un forte terremoto di magnitudo 5.8 è avvenuto nella zona: Jujuy Province, Argentina, il 10 ottobre 2023 a una profondità di 237 km.
– Un sisma meno forte, di magnitudo 2.7, è stato registrato a San Giorgio Piacentino, in provincia di Piacenza, a una profondità di 20 chilometri.
Adesso stiamo a vedere cosa succederà tra il 25 e il 28 ottobre.
Samantha Fumagalli
Degrado
Se guardiamo alla saggezza e alla spiritualità che avevano gli antichi popoli “barbari” (virgolettato perché intesi appunto in ottica antica, relativa all’Impero Romano) e guardiamo il risultato di oggi, possiamo tranquillamente dire che quello che si autofenisce come “occidente civilizzato e democratico” è diventato davvero un mostro.
Un mostro di idiozia, di distruzione, di inciviltà.
Difficile sentirsi ancora “a casa” in un luogo del genere.
Per superare la paura serve il coraggio o la conoscenza?
Partiamo dal fatto basilare che il termine “coraggio” compare come contrario di “paura”, ma non fermiamoci qui e spingiamoci oltre per capire meglio. Consideriamo, in primis, il significato etimologico di “paura”. Qui la ricostruzione più accettata è che derivi dal latino “pavire” ossia “battere la terra”, dalla radice indoeuropea “pau-” che indica il senso del “battere”.
La paura, dunque, sembrerebbe derivare dall’essere percosso, abbattuto, atterrito, e infatti la paura scuote, spaventa, come un terremoto interiore, e di fronte alla paura si attiva la reazione del combattere o fuggire (ciò che si ritiene nocivo).
Igor Sibaldi sostiene che il coraggio non è l’antidoto della paura perché quando si fa qualcosa di coraggioso, la paura ha già vinto, è già presente. Sibaldi scrive: “Nel coraggio facciamo soltanto ciò che la paura ci impedirebbe di fare: e in tal modo lasciamo che la paura limiti le nostre possibilità d’azione”. Nella sua visione, la paura si non sconfiggerebbe affrontandola, ma con la conoscenza che porterebbe a essere più grandi di essa.
C’è qualcosa di vero in questo, ma a mio parere c’è anche un inganno intrinseco, che parte dal fraintendimento del concetto autentico di coraggio.
Il coraggio non è il paradigma di violenza che l’immaginario comune associa alla sfera cavalleresca e militaresca. Il coraggio non è mettere a rischio se stessi in uno scontro per affrontare il nemico. Il coraggio è ben lontano dalla stupidità che spesso governa simili sfere. Il coraggio non è audacia (osare), non è temerarietà (agire in modo sconsiderato) e non è ardimento (l’essere duro).
Cos’è allora il coraggio?
La parola deriva dal latino: cor = cuore.
Coraggio è agire con cuore, è seguire una via che abbia un cuore, è avere in sé una speciale forza d’animo che non lascia sbigottiti di fronte al pericolo, ma neanche induce a buttarsi a casaccio in imprese sciocche e prive di valore.
Il coraggio è una virtù ad ampio spettro, legata al cuore e ai nobili intenti e sentimenti.
Ora vi domando, è davvero possibile, come sostiene Sibaldi, perseguire una conoscenza che renda più grandi della paura, SENZA il coraggio?
Secondo me, no.
E il perché è semplice: la sfera intellettiva senza cuore (che tradotto significa una conoscenza priva di coraggio) è sterile e spesso è proprio indotta dalla paura, perché cerca goffamente di dominare (non di superare) la paura irrazionale con la razionalità. Alla lunga, ciò sfocia in nozioni che non si traducono in atti concreti, si tratta, cioè, di una conoscenza che rimane a livello di parole, perché manca il cuore e il coraggio per camminarle, quelle parole.
In ultima analisi, la paura si supera con il coraggio di guardare in faccia ciò che ci spaventa, sia esso un fantasma interiore o un ostacolo esteriore, con la volontà di comprendere il senso vero e profondo della paura e poi nell’ampliare la nostra conoscenza per andare oltre.
La conoscenza, da sola, può generare inetti. Inetti che parlano bene, ma razzolano a caso.
Samantha Fumagalli
Luna Nuova in Bilancia – 14 ottobre 2023 – con eclissi solare anulare
LUNA NUOVA in Bilancia
14 ottobre 2023
con eclissi solare anulare (visibile in America)
Mi dispiace non avere il tempo per fare un’analisi approfondita di questa Luna Nuova, ma due parole sull’energia in movimento ci tengo a condividerle.
È un momento in cui porre a dimora i semi di ciò che vogliamo vedere germogliare con l’arrivo della primavera (è la prima Luna Nuova dell’autunno) ed è un lavoro che deve partire dal profondo, dal passato, da ciò che ci portiamo dietro sia come doni sia come limiti karmici (la Luna è congiunta al Nodo Sud), per trasformare entrambi in qualcosa di nuovo.
Trasformare gli ostacoli in esperienza e superare la zona confort dei talenti.
Non sempre ciò che sembra “negativo” lo è. Può diventare “positivo” se ne facciamo tesoro e lo trasformiamo in carburante per crescere e andare oltre.
Non sempre ciò che sembra “positivo” lo è. Se non lo usiamo attivamente per agire, realizzare, evolvere, diventa “negativo” perché si trasforma in una zona di confort dalla quale è difficile uscire.
Questa Luna ci invita a trasformare, ma prima dobbiamo valutare le zone d’ombra e quelle di luce con uguale giustizia (Luna in Bilancia) e capire come trarre il meglio da entrambe.
Servono intelligenza, coraggio, amore, ponderazione.
Serve la forza e l’acume di tagliare il superfluo per sottoporre i nostri sogni alla prova della fattività (Marte trigono a Saturno).
Serve una vera comprensione del termine “potere” (Luna, Sole, Mercurio in quadratura a Plutone).
Potere, che è il potere di fare, di agire, di manifestare la propria libertà.
Potere, che non è il potere sugli altri, non è tirannide, non è manipolazione.
È potere personale.
Buona semina!
È necessario un mondo multipolare intelligente
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Galant:
«Dichiaro il blocco totale della Striscia di Gaza. Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto sarà tagliato fuori. Siamo in guerra con dei subumani e agiamo di conseguenza».
A proposito di “subumani”. Si tratta di una questione delicata.
Qualsiasi nazione, anche la più piccola, si considera un “etnocentro”. È al centro, tutti gli altri sono alla periferia. Lui è il “popolo” e tutti gli altri sono solo “parzialmente popolo” perché tutti gli altri sono “sottocentro”. Greci e barbari, noi e “altri” (cioè “stupidi”, ma si può anche dire “non-me”), induisti e intoccabili. E, naturalmente, ebrei e “goyim”. I goyim non sono “del tutto umani” e se si comportano male, non sono affatto “umani”.
Quando noi stessi rientriamo nella categoria dei “subumani” o “sottouomini”, ci sentiamo feriti. Siamo noi che dovremmo essere al centro e non importa chi siamo: qualsiasi nazione è etnocentrica.
L’Occidente ha cercato di allontanarsi da una logica così diretta e piuttosto brutale, seppur non sia andato lontano, sono cambiati solo i criteri dell'”etnocentro occidentale”. Ora l’etnocentro è costituito dai globalisti liberali di sinistra (cole il club di Soros) e tutti gli altri sono “subumani”, cioè “illiberali”. Se sono “illiberali”, devono essere sterminati. La Cancel Cultire è una nuova pratica di vecchi genocidi.Nella guerra israelo-palestinese si sovrappongono diversi etnocentrismi. Gli israeliani sono più arcaici e diretti: non ebrei = goyim = non umani.
L’Occidente è un po’ più complesso: i palestinesi non sono liberali = barbari = subumani.
I palestinesi, ovviamente, sono anche etnocentrici: ebrei = occupanti, artefici del genocidio arabo, stupratori (non musulmani!) = “subumani” (almeno).
Nessuna cultura è riuscita a liberarsi completamente di questo atteggiamento e, quando scoppia un conflitto acuto, l’etnocentro si risveglia contro ogni previsione, incrinando i cliché culturali più superficiali.
L’unica cosa che varia è l’autoriflessione: se si accetta l’etnocentrismo come un dato di fatto, si può lavorare con esso, domarlo o mitigarlo, ma non appena si dichiara e, soprattutto, si crede che l’etnocentrismo sia stato superato, esso esplode immediatamente con rinnovato vigore. È una questione di consapevolezza e di capacità di controllare l’etnocentrismo, non della sua abolizione. Può essere abolito solo insieme all’essere umano. Questo è ciò a cui i transumanisti stanno gradualmente arrivando con lo slogan “solo se non c’è la guerra”. Perché non ci sia la guerra, è necessario distruggere l’umanità, o meglio, è necessaria una “guerra totale”. È abbastanza ovvio che non sto giustificando nessuno, piuttosto sto condannando – specie gli eccessi – attraverso la spiegazione.
I russi, tra l’altro, gestiscono l’etnocentrismo in modo molto sottile. Sì, anche noi ci consideriamo il centro del mondo: la Terza Roma, la Santa Russia, siamo una nazione portatrice di Dio. Sì, abbiamo dei nemici e probabilmente sono posseduti dal diavolo, ma allo stesso tempo il nostro etnocentro è aperto. Siamo abbastanza flessibili e molto poco inclini a disumanizzare il nemico fino in fondo, gli lasciamo sempre qualcosa di umano.
Qualsiasi linearità è soggetta a un’escalation di violenza e all’incapacità di fermarla o almeno di controllarla a un certo punto. Ecco perché l’etnocentrismo russo è non lineare. Un nemico sconfitto, ad esempio, in determinate circostanze può diventare russo.
Aleksandr Dugin