La Macchina del Tempo è un congegno che da sempre affascina le menti più geniali e stimola la fantasia dei più curiosi.
La possibilità di viaggiare nel tempo per visitare epoche diverse e luoghi lontani è senza dubbio intrigante. Da sempre, infatti, mentre qualcuno disquisisce se un simile macchinario sia o meno già stato costruito, altri si lambiccano il cervello nel tentativo di inventarlo… La maggior parte, probabilmente, si chiede cosa farebbe se tale eventualità diventasse realtà… Ben poche persone, però, si domandano se la Macchina del Tempo non sia già a disposizione di ciascuno di noi da molto, molto tempo… Anche se mimetizzata sotto particolari spoglie.
E se la più antica Macchina del Tempo fossimo proprio noi? Se tale meraviglioso congegno fosse racchiuso proprio nel corpo umano?
Se così fosse, l’uomo custodirebbe il segreto di una delle sue mete più ambite! Sembra fantastico? Forse, ma non più di tanto!
Per offrire una coerente dimostrazione di questa affermazione, proviamo a recuperare una concezione comune ad antiche e moderne tradizioni religiose, filosofiche e teosofiche. La conoscenza di cui sto parlando individua nell’uomo quattro parti costituenti: un corpo fisico, uno eterico, uno astrale e uno causale (i nomi possono mutare a seconda delle correnti di pensiero, ma la sostanza cambia ben poco). Queste quattro parti costituenti hanno caratteristiche ben definite, vediamole insieme utilizzando la nomenclatura propria dell’Antroposofia.
Il corpo fisico è il veicolo materiale che, in assenza dei corpi più sottili, è costretto a sottostare alle leggi chimiche che regolano la materia priva di energia vitale. È, infatti, evidente come un corpo senza vita sia soggetto alla decomposizione. Il corpo fisico è associato al regno minerale e all’elemento solido.
La religione cristiano-cattolica chiama questa parte corpo carnale.
Il corpo eterico è l’energia vitale che rende viva la materia del fisico. L’uomo può così crescere, nutrirsi e riprodursi, proprio come accade per i fiori e gli alberi. L’eterico, infatti, è idealmente associato al regno vegetale e all’elemento acqua. Nel corpo eterico risiedono la maggior parte delle componenti ereditarie genetiche e del temperamento individuale, che si manifestano principalmente sotto forma di emozioni e reazioni.
La dottrina cristiano-cattolica chiama questa componente corpo vitale.
Il corpo astrale conferisce il movimento, è la parte costituente indispensabile per animare un corpo, per far sì che un essere umano possa conoscere e sperimentare. In esso risiedono i sentimenti, i desideri e i pensieri. All’astrale è associata l’anima e quindi gli aspetti psichici di un individuo. Questo corpo, collegato all’elemento aria, ci introduce a tutti gli effetti nel regno animale.
Il corpo astrale è il veicolo dell’anima che si incarna, vive e fa esperienze.
L’insegnamento della religione cristiano-cattolica chiama corpo spirituale quello che i teosofi e gli antroposofi denominano il corpo astrale.
In ultimo abbiamo il corpo causale, sede dello spirito, della coscienza, della consapevolezza e della volontà. Questo è il corpo che dà direzione alla vita di un uomo, che gli conferisce un destino, uno scopo… Tant’è vero che Rudolf Steiner, padre dell’Antroposofia, si rifiutava di chiamarlo corpo, e preferiva definirlo l’Io dell’uomo (in questo caso il termine “Io” si discosta dalla comune concezione egoica ed egopatica per assumere una caratteristica di centralità cosciente presente nell’individuo).
Lo stesso Carl Gustav Jung denominava questa entità Sé, risultato del processo di individuazione, ovvero, in parole povere, della formazione della coscienza individuale. Il causale è proprio del genere umano ed è associato all’elemento fuoco.
La religione cristiano cattolica chiama quest’ultimo corpo, corpo divino.
Soffermiamoci un poco sul corpo astrale che, nel contesto del nostro discorso, risulta essere quello più interessante: abbiamo visto che, grazie alle sue peculiarità, gli esseri animati sono dotati anche della capacità di movimento. Possono spostarsi nello spazio e nel tempo, pur rimanendo legati alle leggi spaziali e temporali della realtà fenomenica. Ma quando l’astrale si allontana, pur senza separarsi completamente, dal corpo fisico (come avviene, per esempio, durante i sogni) non è più indispensabile che tali leggi siano rispettate.
Le leggi alle quali deve sottostare l’anima, quando si avvale del suo veicolo astrale nel contesto onirico, sono vistosamente differenti da quelle che si manifestano del mondo materiale; così l’anima può viaggiare libera dai vincoli spazio-temporali che limitano l’espressione del corpo fisico.
Il corpo astrale è un corpo vero e proprio, non è una sterile espressione simbolica, un modo di dire, un concetto astratto… Il corpo astrale è composto di materia, proprio come il fisico, anche se sicuramente ha una densità e una frequenza di vibrazione diverse.
A questo punto, è necessario verificare quali siano le unità di misura sulle quali si possono fondare le leggi oniriche, e quindi psichiche.
Se, e non ci sono dubbi, per formulare le leggi fisiche giocano un ruolo fondamentale le variabili tempo e spazio, nel nostro caso qualcosa deve essere rivisto.
Lo spazio nei sogni conserva, seppur in modo particolare, il proprio significato.
Gli elementi che variano in modo sostanziale, se ci si sposta dal mondo fisico a quello onirico sono:
• la densità della materia;
• la percezione delle distanze e, soprattutto, la velocità di percorrenza.
A proposito del primo punto non c’è molto da dire. Il corpo astrale ha, come abbiamo già accennato, ben altra densità rispetto a quello fisico e pertanto non può che manifestarsi una differente percezione della solidità. Un muro rimane pur sempre un muro, ma poiché il nostro corpo vibra su frequenze differenti ed è costituito da materia che possiamo definire sottile, non esiste alcun ostacolo in grado di impedirci di attraversarlo.
Il secondo punto merita, invece, un approfondimento. Se le differenze poste in evidenza riguardano velocità, accelerazione e forze in gioco, il responsabile di tali discordanze non può essere che uno: il tempo. Non dimentichiamo che la velocità è lo spazio percorso nell’unità di tempo (v = s/t), l’accelerazione varia in funzione del tempo al quadrato (a = s/t2), la forza peso vede entrare in gioco l’accelerazione gravitazionale, quindi compare anche in questo caso il tempo al quadrato, eccetera.
Ora, sostituendo la dimensione tempo con un’altra più idonea alla realtà considerata, potremmo avvicinarci alla soluzione dei nostri problemi. D’altra parte, saremmo potuti arrivare alla medesima conclusione anche più semplicemente: la macchina del tempo può funzionare soltanto in un mondo dove il tempo “non esiste”, o almeno non è concepito così come lo immaginiamo noi!
In realtà il tempo è una funzione della memoria.
Un corpo privo di memoria che si muove nello spazio si trova in una condizione di continuo-infinito-presente. E non stiamo parlando necessariamente di un corpo inanimato: anche un essere vivente, dotato di coscienza ma privo della capacità di ricordare, vivrebbe in un continuo-infinito-presente.
Che cosa ci fornisce, allora, la sensazione dello scorrere del tempo? La memoria! Ossia il ricordo di esserci spostati nello spazio. Per definire le posizioni istantanee nello spazio, l’uomo ha inventato la misura convenzionale del tempo. Ma “questo” tempo è, per l’appunto, un’invenzione umana.
Eccoci, quindi, in presenza di un concetto che si rivelerà senz’altro utile: che cos’è la memoria se non una mappa dei ricordi, una cartina per orientarsi nei viaggi temporali?
Il movimento nello spazio diviene “tempo che trascorre” nel mondo fisico, soltanto dopo essere stato trasformato in memoria. Una memoria che considera il movimento dell’orologio e il susseguirsi delle pagine del calendario al semplice scopo di stabilire l’ordine di archiviazione del moto fisico e degli eventi psichici.
Ciò che ci capita e quello che facciamo viene, infatti, elaborato in sensazioni, sentimenti, stati d’animo e registrato sia per “argomento” sia per “momento”, ovvero secondo regole cronologiche. Questo processo ha la funzione di rendersi utile, presto o tardi, per migliorare le nostre risposte alla vita. L’apprendimento è un esempio lampante dell’utilità del processo mnemonico.
Ciò premesso, non è, allora, la memoria la dimensione fondamentale per far partire quella fantastica Macchina del Tempo che è l’uomo psichico?
Adesso, però, qualche domanda può sorgere spontanea: come definire luogo e data per i nostri spostamenti temporali? Come possiamo impostare sulla nostra “navicella” le coordinate necessarie per viaggiare in sicurezza, sapere dove approderemo e come ritornare indietro?
Domande lecite alle quali possiamo finalmente rispondere: dove potrebbero essere posizionate le porte d’accesso a queste preziose scatole nere (effettivamente sono due, una che opera un’archiviazione in ordine cronologico e l’altra che cataloga gli elementi per argomento) se non nella materia stessa della nostra macchina del tempo, cioè nel corpo fisico?
Ora sappiamo che la nostra Macchina del Tempo esiste già. Il congegno è a nostra disposizione e dobbiamo solamente imparare ad assemblarlo, attrezzarlo e usarlo per iniziare i nostri viaggi! Scopriremo straordinariamente che è dotato anche di un vero e proprio pannello di controllo. Esattamente come una “navicella spaziale“…
(continua: Viaggi nel tempo – 2° parte)
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